La lettera aperta del prof. Marcello Cini al rettore de La Sapienza

CITTA’ DEL VATICANO – Martedì, 15 gennaio 2008. (Vatican Diplomacy). Ripubblichiamo la lettera aperta che il professor Marcello Cini inidirizzò al rettore de La Sapienza venendo pubblicata sul quotidiano il Manifesto” del 14 novembre 2007.

” Se la Sapienza chiama il Papa e lascia a casa Mussi”


Signor Rettore, apprendo da una nota del primo novembre dell’agenzia di stampa Apcom che recita: «è cambiato il programma dell’inaugurazione del 705esìmo Anno Accademico dell’università di Roma La Sapienza, che in un primo momento prevedeva la presenza del ministro Mussi a ascoltare la Lectio Magistralis di papa Benedetto XVI». Il papa «ci sarà, ma dopo la cerimonia di inaugurazione, e il ministro dell’Università Fabio Mussi invece non ci sarà più».

Come professore emerito dell’università La Sapienza – ricorrono proprio in questi giorni cinquanta anni dalla mia chiamata a far parte della facoltà di Scienze matematiche fisiche e naturali su proposta dei fisici Edoardo Amaldi, Giorgio Salvini e Enrico Persico – non posso non esprimere pubblicamente la mia indignazione per la Sua proposta, comunicata al Senato accademico il 23 ottobre, goffamente riparata successivamente con una toppa che cerca di nascondere il buco e al tempo stesso ne mantiene sostanzialmente l’obiettivo politico e mediatico.

Non commento il triste fatto che Lei è stato eletto con il contributo determinante di un elettorato laico. Un cattolico democratico – rappresentato per tutti dall’esempio di Oscar Luigi Scalfaro nel corso del suo settennato di presidenza della Repubblica – non si sarebbe mai sognato di dimenticare che dal 20 settembre del 1870 Roma non è più la capitale dello stato pontificio. Mi soffermo piuttosto sull’incredibile violazione della tradizionale autonomia delle università – da più 705 anni incarnata nel mondo da La Sapienza dalla Sua iniziativa.

Sul piano formale, prima di tutto. Anche se nei primi secoli dopo la fondazione delle università la teologia è stata insegnata accanto alle discipline umanistiche, filosofiche, matematiche e naturali, non è da ieri che di questa disciplina non c’è più traccia nelle università moderne, per lo meno in quelle pubbliche degli stati non confessionali. Ignoro lo statuto dell’università di Ratisbona dove il professor Ratzinger ha tenuto la nota lectio magistralis sulla quale mi soffermerò più avanti, ma insisto che di regola essa fa parte esclusivamente degli insegnamenti impartiti nelle istituzioni universitarie religiose. I temi che sono stati oggetto degli studi del professor Ratzinger non dovrebbero comunque rientrare nell’ambito degli argomenti di una lezione, e tanto meno di una lectio magistralis tenuta in una università della Repubblica italiana. Soprattutto se si tiene conto che, fin dai tempi di Cartesio, si è addivenuti, per porre fine al conflitto fra conoscenza e fede culminato con la condanna di Galileo da parte del Santo ufficio, a una spartizione di sfere di competenza tra l’Accademia e la Chiesa. La sua clamorosa violazione nel corso dell’inaugurazione dell’anno accademico de La Sapienza sarebbe stata considerata, nel mondo, come un salto indietro nel tempo di trecento anni e più.

Sul piano sostanziale poi le implicazioni sarebbero state ancor più devastanti. Consideriamole partendo proprio dal testo della lectio magistralis del professor Ratzinger a Ratisbona, dalla quale presumibilmente non si sarebbe molto discostata quella di Roma. In essa viene spiegato chiaramente che la linea politica del papato di Benedetto XVI si fonda sulla tesi che la spartizione delle rispettive sfere di competenza fra fede e conoscenza non vale più: «Nel profondo.., si tratta – cito testualmente – dell’incontro tra fede e ragione, tra autentico illuminismo e religione. Partendo veramente dall’infima natura della fede cristiana e, al contempo, dalla natura del pensiero greco fuso ormai con la fede, Manuele II poteva dire: Non agire “con il logos” è contrario alla natura di Dio».

Non insisto sulla pericolosità di questo programma dal punto di vista politico e culturale: basta pensare alla reazione sollevata nel mondo islamico dall’accenno alla differenza che ci sarebbe tra il Dio cristiano e Allah – attribuita alla supposta razionalità del primo in confronto all’imprevedibile irrazionalità del secondo – che sarebbe a sua volta all’origine della mitezza dei cristiani e della violenza degli islamici. Ci vuole un bel coraggio sostenere questa tesi e nascondere sotto lo zerbino le Crociate, i pogrom contro gli ebrei, lo sterminio degli indigeni delle Americhe, la tratta degli schiavi, i roghi dell’Inquisizione che i cristiani hanno regalato al mondo. Qui mi interessa, però, il fatto che da questo incontro tra fede e ragione segue una concezione delle scienze come ambiti parziali di una conoscenza razionale più vasta e generale alla quale esse dovrebbero essere subordinate. «La moderna ragione propria delle scienze naturali – conclude infatti il papa – con l’intrinseco suo elemento platonico, porta in sé un interrogativo che la trascende insieme con le sue possibilità metodiche. Essa stessa deve semplicemente accettare la struttura razionale della materia e la corrispondenza tra il nostro spirito e le strutture razionali operanti nella natura come un dato di fatto, sul quale si basa il suo percorso metodico. Ma la domanda {sui perché di questo dato di fatto) esiste e deve essere affidata dalle scienze naturali a altri livelli e modi del pensare – alla filosofia e alla teologia. Per la filosofia e, in modo diverso, per la teologia, l’ascoltare le grandi esperienze e convinzioni delle tradizioni religiose dell’umanità, specialmente quella della fede cristiana, costituisce una fonte di conoscenza; rifiutarsi a essa significherebbe una riduzione inaccetabile del nostro ascoltare e rispondere».

Al di là di queste circonlocuzioni (i corsivi sono miei) il disegno mostra che nel suo nuovo ruolo l’ex capo del Sant’uffizio non ha dimenticato il compito che tradizionalmente a esso compete. Che è sempre stato e continua a essere l’espropriazione della sfera del sacro immanente nella profondità dei sentimenti e delle emozioni di ogni essere umano da parte di una istituzione che rivendica l’esclusività della mediazione fra l’umano e il divino. Un’appropriazione che ignora e svilisce le innumerevoli differenti forme storiche e geografiche di questa sfera così intima e delicata senza rispetto per la dignità personale e l’integrità morale di ogni individuo.

Ha tuttavia cambiato strategia. Non potendo più usare roghi e pene corporali ha imparato da Ulisse. Ha utilizzato l’effige della Dea Ragione degli illuministi come cavallo di Troia per entrare nella cittadella della conoscenza scientifica e metterla in riga. Non esagero. Che altro è, tanto per fare un esempio, l’appoggio esplicito del papa dato alla cosiddetta teoria del Disegno Intelligente se non il tentativo – condotto tra l’altro attraverso una maldestra negazione dell’evidenza storica, un volgare stravolgimento dei contenuti delle controversie interne alla comunità degli scienziati e il vecchio artificio della caricatura delle posizioni dell’avversario – di ricondurre la scienza sotto la pseudo-razionalità dei dogmi della religione? E come avrebbero dovuto reagire i colleghi biologi e i loro studenti di fronte a un attacco più o meno indiretto alla teoria danwiniana dell’evoluzione biologica che sta alla base, in tutto il mondo, della moderna biologia evolutiva?

Non desco a capire, quindi, le motivazioni della Sua proposta tanto improvvida e lesiva dell’immagine de La Sapienza nel mondo. Il risultato della Sua iniziativa, anche nella forma edulcorata della visita del papa (con «un saluto alla comunità universitaria») subito dopo una inaugurazione inevitabilmente clandestina, sarà comunque che i giornali del giorno dopo titoleranno (non si può pretendere che vadano tanto per il sottile): «Il Papa inaugura l’Anno Accademico dell’Università La Sapienza».

Congratulazioni, signor Rettore. Il Suo ritratto resterà accanto a quelli dei Suoi predecessori come. simbolo dell’autonomia, della cultura e del progresso delle scienze.

Marcello Cini”

Il fisico Marcello Cini Foto Cannarsa Grazia Neri per “Liberazione”

Tratto da: Aprileonline.info

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18 Risposte to “La lettera aperta del prof. Marcello Cini al rettore de La Sapienza”

  1. Dario Salvelli’s Blog » Blog Archive » In(s)comunica-bilità Says:

    […] vicenda Papa Ratzinger che deserta La Sapienza a causa di questa lettera dei professori e della protesta degli studenti scrive […]

  2. CHRONICA » Galileo e il Papa, ovvero della libertà di espressione Says:

    […] https://vaticandiplomacy.wordpress.com/2008/01/15/la-lettera-aperta-del-prof-marcello-cini-al-rettore… […]

  3. michele fadda Says:

    Plaudisco riconoscente alla posizione del Professor Cini, come uomo, cittadino e amante della Scienza.
    Bisogna porre un freno al dilagare degli spropositi ed indebite ingerenze, sempre più nefaste, provenienti dalle religioni, arginando i tentativi di imporci una teocrazia, Talebana o Cristiana o di qualunque genere.
    Michele – Milano

  4. Chiesa e Scienza « Homo Ippocraticum 2 : the evolution! Says:

    […] https://vaticandiplomacy.wordpress.com/2008/01/15/la-lettera-aperta-del-prof-marcello-cini-al-rettore… […]

  5. Giovanni Calabrese Says:

    Era ora che si levasse alta e forte la voce del mondo laico, in questo nostro povero paese in cui un qualsiasi sussurro del papa o delle alte gerarchie cattoliche trova la più grande risonanza nei media,e la più ossequiosa acquiescenza da parte dell’intero mondo politico (con rare e sporadiche eccezioni). Nel caso specifico, mi piacerebbe chiedere a Cacciari, che stimo e di cui apprezzo lo sforzo del dialogo con i credenti, come si poteva configurare la prolusione del papa all’inaugurazione dell’anno accademico (monologo sulla “verità”, la SUA verità) in un contesto di dialettica alla pari fra laici e credenti. Per non parlare, poi, del vittimismo delle gerarchie ecclesiastiche (e degli “atei devoti”) che raggiunge la sua apoteosi nell’affermazione di un presunto diniego della libertà di parola nei confronti del papa (di cui, unici al mondo, dobbiamo subire in tutti i telegiornali, ogni giorno, il minimo sussurro). Perciò, amici docenti della Sapienza, grazie per il vostro coraggio, e non lasciatevi impressioare dai ruggiti da conigli ossequiosi dei vari Ferrara, e noi saremo con voi. Che sia l’inizio di un nuovo Rinascimento culturale per il nostro paese, che cominci a fare i conti, per la prima volta nella storia, con le sfide della ragione e del progresso, affrancandosi dalla opprimente zavorra della chiesa cattolica!

  6. mariel Says:

    grazie!
    anche per il “sacro immanente”.
    apprendo dalla radio che Formigoni ha invitato via mail dirigenti pubblici a firmare per il papa…

  7. Longinus.Blog() » Come spesso accade, lo veniamo a sapere per ultimi, chissà perchè Says:

    […] discutere sul contenuto della lettera ( che se volete approfondire potete leggere anche qui ), quello che non mi piace, è che si tratti dell’ennesima strumentalizzazione dei […]

  8. Emiliano Ferrari Says:

    si, infatti, oggi al “Papa Day” i politici presenti, erano Casini, Andreotti, Mastella e qualche altro… Politici che sono stati vicinissimi in questi giorni al nostro caro Cuffaro, vittima di giudici comunisti, che da sempre tentano di rovinare la società e che sono il proseguio ideale di Falcone e Borsellino in un Italia che mi pare essere allo sbando.

  9. vaticandiplomacy Says:

    Per onore della verità e non della mistificazione e della manipolazione, questo il video di Sky con chi c’èra e chi non al “Papa Day”:

    http://www.skylife.it/videoTg24Single/61090

  10. elisabetta Says:

    Lettera, quella di Cini, tendenziosa e poco scientifica (afferma cose di cui esistono numerosi controesempi!). Il Professore dimostra così, a mio avviso, di non aver attualizzato alcune delle proprie conoscenze scientifiche e storiche, di avere paura del confronto culturale e di non essere realista.
    Si può essere buoni scienziati se non si ricerca la verità?

  11. Rosanna Pirajno Says:

    sono solidale alla posizione dei 67 docenti che hanno rivendicato l’autonomia dell’Università e condivido il giudizio di incongruità della presenza del Papa alla inaugurazione dell’anno accademico, tanto più vedendo le reazioni del mondo cattolico e l’adunata voluta dal cardinale vicario in sostegno del Papa “a cui è stato impedito di parlare”.
    Il linciaggio dei prof “cretini e intolleranti” dimostra quanto la nostra ipocrita società abbia confuso i temi della religione e della politica e il fatto che la chiesa siciliana abbia ospitato veglie per l’assoluzione di Cuffaro, processato per favoritismo a mafiosi, è molto sintomatico.
    Rosanna Pirajno, già professore universitario

  12. vaticandiplomacy Says:

    L’incongruità sta nel fatto che si sia sollevata questa assurda e ridicola polemica, dopotutto, egregia professoressa, Joseph Ratzinger prima di divenire Papa e capo dello Stato Città del Vaticano, è stato un’illustre accademico il cui vecchio discorso del ’90 su Galileo è stato strumentalizzato a fini “politici”, quelli del Cini appunto, il quale, estrapolando e decontestualizzando la frase pronunciata da Fayerband su Galileo Galilei ed attribuendola in toto al pensiero di Benedetto XVI ha creato ad arte un caso che non aveva alcun motivo di sussistere.
    Qualora invece “l’incongruo” risieda nel fatto che il papa sia stato invitato in qualità di capo di Stato, le voglio ricordare il caso della presidentessa del Cile, Michelle Bachelet, che giusto qualche mese fa, ovvero il 16 ottobre 2007, ha inaugurato l’anno accademico dell’Università Roma Tre.
    Detto questo, a mio modo di vedere le cose, fatto davvero preoccupante è che nonostante il diffuso clima di intolleranza politico-religiosa, nelle università italiane si tengano continui dibattiti e conferenze i cui relatori sono famosi ex-terroristi che neppure hanno rinnegato il loro passato, ed in taluni casi… in permesso premio dal carcere!!!
    …Viene da chiedersi allora: E’ giusto che tali personaggi continuino indisturbati nella loro attività di dubbio valore scientifico? Come mai nei casi succitati non c’è mai stata una levata di scudi altrettanto forte del mondo accademico come in quello contro il Papa?
    …levate di scudi a tutela dell’integrità morale dell’università e in difesa delle vittime del terrorismo politico, che, come lei saprà meglio di me, cara professoressa, proprio nelle università ha sempre trovato facile presa? …Sarà forse colpa anche di certi “cattivi” insegnanti?
    …Chissà?

  13. Le fonti « Cityzen journalism Says:

    […] docenti indirizzata al rettore dell’Università La Sapienza. Tale lettera si basa sull’articolo del Prof Marcello Cini pubblicata a mezzo stampa sul Manifesto del 14 novembre. In seguito all’annullamento della […]

  14. Eleonora Says:

    Intervento davvero inopportuno e anacronistico quello di Cini!Non si può parlare ancora oggi nel 2008 di Crociate,Inquisizione e quant altro vada a mortificare le radicali mutate intenzioni della Chiesa Cattolica!Questa è la risposta di chi ha paura del confronto e si chiude in se stesso, nella convinzione di essere nel giusto.Mi è stato dato il compito di documentarmi su questa vicenda,senza farmi influenzare da ciò che si dice,ma di fronte a un simile intervento non è possibile restare in silenzio.La figura penosa l’avreste fatta,anzi l’avete fatta, non nel far venire il Papa, ma nell’averlo rifiutato.
    Non vi avrebbe imposto la fede a furia di torture nè vi avrebbe messi sul rogo!Ridicolo!La scienza cerca la verità e proteggendosi dagli altri per paura di confrontarsi non è il criterio di un bravo scienziato.

  15. raffaella carone Says:

    La lettera del professore è l’espressione più nobile di una qualità che nel nostro paese sembra smarrita dai più, l’intelligenza razionale, quella che non si appoggia ai dogmi e che non si smarrisce di fronte alla complessita’ di ciò che è dentro e fuori di noi. Complimenti e coraggio a lei e a quanti si sforzano di resistere all’ondata reazionaria di una chiesa che continua a trattare le persone come bambini capricciosi.

  16. raffaella carone Says:

    In risposta ad Eleonora, la quale sostiene che il ricordo delle nefandezze perpetrate in nome di dio sia “inopportuno ed anacronistico”(e non si capisce perchè visto che si tratta di vicende storiche e non malevole insinuazioni del prof. Cini) vorrei anche aggiungere che non si fa bene ad essere cosi’ sicuri che la chiesa abbia mutato radicalmente le sue intenzioni.Il Concilio Vaticano II ha certamente portato una ventata d’aria nuova, cara Eleoora, ma questa “primavera” è stata soffocata dal vento della reazione del partito più retrivo e conservatore che da Giovanni Paolo II in poi è trionfante. Non avverte, signora, il rischio che una morale che non possa che coicidere con quella cattolica significhi in definitiva una forma mortificante di totalitarismo etico? Sarebbe disposta ad accettare la poligamia, la lapidazione. Penso…spero di no ma si è mai chiesta perchè certe barbarie persistono in certi paesi? La risposta è che quando le norme religiose sono leggi dello Stato, quando il peccato è reato la libertà è finita. Provi a pensare con la sua testa e mi risponda se vuole. Ad maiora

  17. vaticandiplomacy Says:

    Cara lettrice, intanto se me lo permette Le rispondo io, alla parte dove Lei dice: “…e non malevole insinuazioni del prof. Cini”, che in questa lettera per giustificare la sua tesi ha “nuovamente” attribuito in toto a Ratzinger il pensiero di Manuele II Paleologo sull’Islam, nella famosa citazione del discorso di Ratisbona, ormai ultra strumentalizzato, …discorso che la invito a rileggere unitamente ad un libro appena uscito: “Manuele II Paleologo – Dialogo con un Persiano” edito da Rubettino, di cui in questo sito può trovare la prefazione a cura di mons. Fisichella.
    Punto due, il dialogo con l’Islam non è mai stato così proficuo come durante il papato di Ratzinger, e lo dimostra la prima visita in assoluto del Re dell’Arabia Saudita, custode dei luoghi santi, la lettera dei 138 saggi Musulmani (già arrivati a 221 per la verità) e mi si lasci poi citare l’esistenza del “Pontificio Istituto di Studi Arabi e d’Islamistica”…che in pochissimi conoscono, e che il “Ministro degli esteri vaticano”, mons. Dominque Mamberti è per metà Franco-Corso e per metà marocchino e parla fluentemente l’arabo, sarebbe questo il papa oscurantista? colui che ha aperto le relazioni diplomatiche con gli Emirati Arabi Uniti? e i cui diplomatici nelle sedi ONU chiedono la moratoria delle bombe a grappolo, e condannano inascoltati il genocidio perpetrato in Darfour?
    Per quanto riguarda poi un altro passaggio da lei scritto, che le cito “…il rischio che una morale che non possa che coincidere con quella cattolica significhi in definitiva una forma mortificante di totalitarismo etico? Sarebbe disposta ad accettare la poligamia, la lapidazione. Penso…spero di no” …Infatti la poligamia e la lapidazione non fanno parte della dottrina cattolica, anzi! …si ricorda in quale occasione e chi disse: «Chi di voi è senza peccato, scagli la prima pietra»?
    Per finire, Le dico che ha ragione nel sostenere che “le norme religiose non debbano essere leggi dello Stato” ma sbaglia a dire “quando il peccato è reato la libertà è finita”, …quindi l’omicidio, il furto, lo stupro renderebbero l’uomo libero? Se così fosse …Mala tempora currunt!

  18. Dr. Franco Arezzo Says:

    Sono rimasto sconcertato nel constatare quanto rancore si possa ancora oggi nutrire verso la Chiesa e in particolare verso il Papa. Due cose, inoltre, mi hanno particolarmente colpito: l’anacronismo e la scarsa scientificità del Prof. Cini.

    Cini scrive: «Fin dai tempi di Cartesio, si è addivenuti per porre fine al conflitto tra conoscenza e fede culminato con la condanna di Galileo da parte del Santo Ufficio, a una spartizione delle sfere di competenza tra l’Accademia e la Chiesa». Così scrivendo, egli dimostra di essere rimasto diversi secoli indietro. La spartizione delle sfere di competenza non eliminerebbe la conflittualità, ove questa dovesse esistere; semmai alimenterebbe una sorta di guerra fredda tra le due istituzioni. Per fortuna, per la particolare natura della Chiesa la quale predica l’amore anche verso i nemici; la dichiarazione di guerra rimane unilaterale. Per lo scienziato credente, dunque, il problema di conflittualità non si pone nemmeno. Egli non si sente affatto umiliato dalla fede ed è perfettamente consapevole che tra essa e la scienza esiste una forma di reciprocità, senza prevaricazioni dall’una o dall’altra parte. Con la ragione indago e mi interrogo, con la fede confermo e accolgo il mistero. La reciprocità esclude naturalmente che sia solamente la concezione della realtà a condizionare la conoscenza acquisita, ma è vero anche il contrario, anzi è addirittura prevalente, prima del raggiungimento della fede. Infine è importante notare che è stata proprio la scienza moderna a risolvere il conflitto che una volta indubbiamente esisteva.

    Il carattere probabilistico delle teorie quanto-meccaniche, di cui il Prof. Cini è un riconosciuto cultore, ha messo in risalto i limiti della conoscenza umana e ha suggerito fortemente che il significato di questa natura probabilistica delle cose possa avere un livello molto più profondo di quello a cui l’uomo possa mai arrivare, se non con la fede nella rivelazione.
    Tale situazione ha definitivamente eliminato quelle forzature da parte di scienziati come Galileo e Copernico che, con la scienza e nella scienza, si rifiutavano di accettare qualsiasi cosa che non fosse compatibile con la loro fede. Certamente non per arroganza o disonestà intellettuale, ma perché il loro intelletto, per dirla con. Giovanni della Croce, era diventato il candelabro della fede.

    A parte il Prof. Cini e qualche suo illustre collega, qualsiasi scienziato, oggi, quanto meno esiterebbe a parlare di inconciliabilità tra fede e scienza; è in atto nel mondo scientifico un profondo cambiamento a causa del quale l’ambizione dell’uomo di costruire un’unica visione del mondo, in grado di abbracciare le verità essenziali di entrambi scienza e religione non gioca più un ruolo attivo. In altre parole, chi non vuole abbracciare la fede, è libero di farlo; ma mentre da una parte non c’è alcuna imposizione, dall’altra c’è la paura del confronto e anziché accogliere il Papa, discutere con lui, magari criticando il suo pensiero, si preferisce mandare una lettera di indignazione al rettore.
    Franco Arezzo

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