Estratto del discorso su Galileo Galilei pronunciato alla Sapienza il 15 febbraio 1990 dall’allora card. Ratzinger

CITTA’ DEL VATICANO – Martedì, 15 gennaio 2008 (Vatican Diplomacy). Da “Papa Ratzinger blog” di Raffaella:

“Non si tratta della riproduzione integrale del discorso di Joseph Ratzinger” – scrive Raffaella sul suo blog, (finora e’ stato impossibile trovarlo) – “ma dello “stralcio” delle riflessioni su Galileo ed e’ questo che, al momento, interessa maggiormente per capire la radice delle polemiche.”

“L’allora cardinale” – prosegue la blogger – “non ha in nessun modo fatta propria la frase di Feyerabend (“La Chiesa dell’epoca di Galileo si attenne alla ragione più che lo stesso Galileo, e prese in considerazione anche le conseguenze etiche e sociali della dottrina galileiana. La sua sentenza contro Galileo fu razionale e giusta, e solo per motivi di opportunità politica se ne può legittimare la revisione“), ma l’ha semplicemente citata in un discorso piu’ ampio sulla necessita’ di discutere seramente della scienza moderna.”

“Oltre a Feyerabend, l’allora cardinale cito’ altri intellettuali.

Siamo onesti e andiamo alle fonti! Non fidiamoci mai della vulgata mediatica o dell’ideologia che tende a farci diventare tutti uguali uniformandoci al pensiero unico.”

N.B. Il grassetto è di Raffaella:

Joseph RATZINGER

La crisi della fede nella scienza

tratto da: “Svolta per l’Europa? Chiesa e modernità nell’Europa dei rivolgimenti,”Edizioni Paoline, Roma 1992, p. 76-79.

“Nell’ultimo decennio, la resistenza della creazione a farsi manipolare dall’uomo si è manifestata come elemento di novità nella situazione culturale complessiva. La domanda circa i limiti della scienza e i criteri cui essa deve attenersi si è fatta inevitabile.

Particolarmente significativo di tale cambiamento del clima intellettuale mi sembra il diverso modo con cui si giudica il caso Galileo.

Questo fatto, ancora poco considerato nel XVII secolo, venne -già nel secolo successivo- elevato a mito dell’illuminismo. Galileo appare come vittima di quell’oscurantismo medievale che permane nella Chiesa. Bene e male sono separati con un taglio netto. Da una parte troviamo l’Inquisizione: il potere che incarna la superstizione, l’avversario della libertà e della conoscenza. Dall’altra la scienza della natura, rappresentata da Galileo; ecco la forza del progresso e della liberazione dell’uomo dalle catene dell’ignoranza che lo mantengono impotente di fronte alla natura. La stella della Modernità brilla nella notte buia dell’oscuro Medioevo (1).

Secondo Bloch, il sistema eliocentrico -così come quello geocentrico- si fonda su presupposti indimostrabili. Tra questi, rivestirebbe un ruolo di primo piano l’affermazione dell’esistenza di uno spazio assoluto; opzione che tuttavia è stata poi cancellata dalla teoria della relatività. Egli scrive testualmente: «Dal momento che, con l’abolizione del presupposto di uno spazio vuoto e immobile, non si produce più alcun movimento verso di esso, ma soltanto un movimento relativo dei corpi tra loro, e poiché la misurazione di tale moto dipende dalla scelta del corpo assunto come punto di riferimento, così ?qualora la complessità dei calcoli risultanti non rendesse impraticabile l’ipotesi? adesso come allora si potrebbe supporre la terra fissa e il sole mobile» (2).

Curiosamente fu proprio Ernst Bloch, con il suo marxismo romantico, uno dei primi ad opporsi apertamente a tale mito, offrendo una nuova interpretazione dell’accaduto.
Il vantaggio del sistema eliocentrico rispetto a quello geocentrico non consiste perciò in una maggior corrispondenza alla verità oggettiva, ma soltanto nel fatto che ci offre una maggiore facilità di calcolo. Fin qui, Bloch espone solo una concezione moderna della scienza naturale. Sorprendente è invece la valutazione che egli ne trae:
«Una volta data per certa la relatività del movimento, un antico sistema di riferimento umano e cristiano non ha alcun diritto di interferire nei calcoli astronomici e nella loro semplificazione eliocentrica; tuttavia, esso ha il diritto di restar fedele al proprio metodo di preservare la terra in relazione alla dignità umana e di ordinare il mondo intorno a quanto accadrà e a quanto è accaduto nel mondo» (3).

Se qui entrambe le sfere di conoscenza vengono ancora chiaramente differenziate fra loro sotto il profilo metodologico, riconoscendone sia i limiti che i rispettivi diritti, molto più drastico appare invece un giudizio sintetico del filosofo agnostico-scettico P. Feyerabend. Egli scrive:

«La Chiesa dell’epoca di Galileo si attenne alla ragione più che lo stesso Galileo, e prese in considerazione anche le conseguenze etiche e sociali della dottrina galileiana. La sua sentenza contro Galileo fu razionale e giusta, e solo per motivi di opportunità politica se ne può legittimare la revisione» (4).

Dal punto di vista delle conseguenze concrete della svolta galileiana, infine, C. F. Von Weizsacker fa ancora un passo avanti, quando vede una «via direttissima» che conduce da Galileo alla bomba atomica.
Con mia grande sorpresa, in una recente intervista sul caso Galileo non mi è stata posta una domanda del tipo: «Perché la Chiesa ha preteso di ostacolare lo sviluppo delle scienze naturali?», ma esattamente quella opposta, cioè: «Perché la Chiesa non ha preso una posizione più chiara contro i disastri che dovevano necessariamente accadere, una volta che Galileo aprì il vaso di Pandora?».

Sarebbe assurdo costruire sulla base di queste affermazioni una frettolosa apologetica. La fede non cresce a partire dal risentimento e dal rifiuto della razionalità, ma dalla sua fondamentale affermazione e dalla sua inscrizione in una ragionevolezza più grande. […]

Qui ho voluto ricordare un caso sintomatico che evidenzia fino a che punto il dubbio della modernità su se stessa abbia attinto oggi la scienza e la tecnica”.

(1) Cfr. W. Brandmüller, Galilei und die Kirche oder das Recht auf Irrtum, Regensburg 1982.
(2) E. Bloch, Das Prinzip Hoffnung, Frankfurt/Main 1959, p. 920; Cfr F. Hartl, Der Begriff des Schopferischen. Deutungsversuche der Dialektik durch E. Bloch und F. v. Baader, Frankfurt/Main 1979, p. 110.
(3) E. Bloch, Das Prinzip Hoffnung, Frankfurt/Main 1959, p. 920s.; F. Hartl, Der Begriff des Schopferischen. Deutungsversuche der Dialektik durch E. Bloch und F. v. Baader, Frankfurt/Main 1979, p. 111.
(4) P. Feyerabend, Wider den Methodenzwang, FrankfurtM/Main 1976, 1983, p. 206.

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8 Risposte to “Estratto del discorso su Galileo Galilei pronunciato alla Sapienza il 15 febbraio 1990 dall’allora card. Ratzinger”

  1. CHRONICA » Galileo e il Papa, ovvero della libertà di espressione Says:

    […] https://vaticandiplomacy.wordpress.com/2008/01/15/estratto-del-discorso-su-galileo-galilei-pronunciat… […]

  2. Dal Diario di un Metéco, voce al Censore: “All’università sono ben accetti i terroristi; il Papa no” « Oracolo dei Venti Says:

    […] soprattutto, LEGGETE l’estratto del discorso di Benetto XVI su Galileo Galilei strumentalizzato dai 67 della Sapienza e dagli […]

  3. Top Posts « WordPress.com Says:

    […] Estratto del discorso su Galileo Galilei pronunciato a Parma il 15 marzo 1990 dall’allora car… CITTA’ DEL VATICANO – Martedì, 15 gennaio 2008 (Vatican Diplomacy). Da “Papa Ratzinger blog” di […] […]

  4. Famiglia Cristiana: La protesta alla Sapienza commedia dell’assurdo « Vatican Diplomacy Says:

    […] quale, parlando il 15 febbraio 1990 proprio alla Sapienza, difese Galileo Galilei dallo scetticismo che aveva cominciato a circondarlo da qualche decennio […]

  5. leo Says:

    Se mi attengo a ciò che è riportato qui sopra (neanche io posseggo il testo integrale), questo Ratzinger è lo stesso radicale di Ratisbona (del quale discorso invece ho il testo integrale).
    Lasciando stare i sofismi sui massimi sistemi, tirare in ballo prima P. Feyerabend e poi C. F. Von Weizsacker ha lo scopo di documentare la forte controversia sul rapporto tra Fede e Ragione per poi sostenere che un conflitto acerbo è controproducente allo sviluppo della Fede, per il quale invece è meglio sostenere il primato di una Ragione asservita a qualcosa di superiore, che, ovviamente, secondo Ratzinger è ancora la Fede; come dire “accettare per poter dominare”, in cui si riconosce una vecchia prassi femminea della Chiesa cattolica.
    Leggere il contesto parzialmente esteso peggiora anche di più il quadro e mi fa tornare in mente la Bolla di Bonifacio VIII e l’Editto di Gregorio VII.
    Ora, Ratzinger può voler stabilire il primato della Fede sulla Ragione quanto desidera; è il suo mestiere e ci campa; ma non si può chiedere a 67 Professori della Sapienza, tra cui diversi di Fisica, di dare il benvenuto a dei punti di vista estremamente discutibili, specialmente senza possibilità di contraddittorio; e mi sorgono giganteschi dubbi sulla disponibilità di Ratzinger ad accettare un contraddittorio, poiché si sta parlando, per l’appunto, di Irrazionalità vs Ragione, ossia, per stare nell’ambiente, di diavolo e acqua santa.

  6. vaticandiplomacy Says:

    Caro lettore, le ammetto di non aver mai visto ad una “lectio magistralis”, fare un contraddittorio, anche perché trattasi di una “lectio” dove si espone una tesi, non di una tribuna politica… comunque sia, il fatto è che come Lei ben sa Benedetto XVI non era benvenuto a priori, si veda a tal proposito proprio la lettera del Cini, quella dei 67 docenti e le centinaia di fotografie scattate in quei giorni.
    La scusa del contraddittorio, caro lettore, quindi decade, ma sale in cattedra l’ignoranza, non quella di chi non sa e o fa finta di non conoscere ma di quelli che non vogliono che altri parlino o esprimano la propria idea, la propria tesi, nella fattispecie quanto accaduto al Papa alla Sapienza.
    L’editto di Gregorio VII e la Bolla Unam Sanctam di Bonifacio VIII non c’entrano nulla, sono solo pretesti presi molto di sproposito dai libri di storia su eventi di un passato molto lontano, a sproposito come manipolare le citazioni di Manuele II Paleologo (nel caso di Ratisbona) e Feyerabend (in quello del lontano discorso del 1990), attribuendo quelle citazioni al Santo padre dando una visone completamente opposta del suo pensiero, …anche questo, caro lettore, a fini politici.
    Cui prodest? a chi giova? viene da chiedersi.
    Sicuramente tutta questa polemica si è ritorta contro chi l’ha orchestrata, dando ancor più forza alla voce di Ratzinger il quale alla sapienza avrebbe voluto dire:
    “…Che cosa ha da fare o da dire il Papa nell’università? Sicuramente non deve cercare di imporre ad altri in modo autoritario la fede, che può essere solo donata in libertà…”

  7. Il contesto delle frasi di Feyerabend arbitrariamente attribuite a Benedetto XVI « Vatican Diplomacy Says:

    […] del Seicento nei riguardi di Galileo Galilei, che l’allora cardinale Joseph Ratzinger citò in una conferenza del 1990. Gli studiosi contrari all’invito rivolto al Pontefice dal rettore per l’inaugurazione […]

  8. Joseph Ratzinger, Paul Feyerabend e Galileo Galilei: il testo mai letto in Italia « Vatican Diplomacy Says:

    […] il capitolo del filosofo citato dall’allora cardinale Ratzinger all’origine della rivolta di un gruppo di docenti […]

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